lunedì 12 marzo 2018

INTERVISTA A BIANCA RITA CATALDI



Ciao Bianca, bentornata nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te. 

Ciao Linda! Grazie di cuore per avermi accolta nel tuo blog! Dunque, mi chiamo Bianca, ho venticinque anni e scrivo e leggo libri praticamente da una vita. Non ricordo un periodo della mia intera esistenza in cui non abbia scritto almeno una pagina di diario. Sono nata a Bari e lì ho completato i miei studi, ma attualmente vivo a Dublino, una città che amo immensamente e che sento davvero come casa. La mia prima passione è la carta stampata (o digitale, va detto), seguita a ruota dalla musica e dal cinema. Ultima ma non meno importante è la passione per i viaggi. Cerco di partire con lo zaino in spalla ogni volta che posso.

Sei diplomata al conservatorio e laureata in Filologia Moderna; sei editor, correttrice di bozze, traduttrice e stai conseguendo il dottorato di ricerca a Dublino. Dove trovi il tempo per scrivere?

In effetti, questa è una buona domanda! Devo dire che i metodi e i tempi cambiano a seconda del libro che sto scrivendo. Ci sono stati romanzi che ho scritto quasi interamente nei bar, bevendo una tazza di caffè bollente, e altri che ho scritto nella biblioteca dell’università. Il romanzo che sto scrivendo attualmente, invece, ha preteso tempi e modalità diversi. Scrivo di sera, dopo cena, dopo aver ultimato le commissioni e i lavori da consegnare. Mi piace scrivere sulla scrivania della mia mansarda e vedere la notte dalla finestra. Mi rilassa molto e mi permette di concentrarmi. Non vado avanti fino a tarda notte, però: non appartengo alla schiera degli scrittori notturni, il mio sonno è più forte di me.

Sei anche tutor di lingua italiana presso la la School of Languages, Cultures and Linguistics dello University College Dublin. Parlaci un po’ di questa esperienza?

È un’esperienza davvero bellissima, oltre che incredibilmente formativa. Insegno a una classe di una ventina di studenti universitari provenienti da ogni angolo del pianeta ed è affascinante riscoprire la propria lingua dal punto di vista dello straniero, chiedersi il perché di alcune cose, riconoscere i cambiamenti della lingua nel tempo. E poi amo i miei ragazzi. Pur essendo quasi miei coetanei, sono comunque i miei «pulcini».

Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura?

Ho scritto il mio primo racconto a undici anni: avevo un computer vecchissimo in casa ma mia madre non mi permetteva di connettermi a Internet, così sono stata costretta a divertirmi diversamente, e cioè usando Word. In realtà, già dalle scuole elementari sapevo di voler scrivere. Amavo i temi, in modo particolare quelli narrativi e descrittivi, e mi esercitavo con obbrobri di testi in versi che di certo non potrei chiamare poesie, ma tant’è. Da allora non ho mai smesso.

Esordisci nel 2009 con "Il fiume scorre in te" che si distingue al Premio Campiello Giovani come Finalista. Daccene un assaggio.

"Il fiume scorre in te" è un fantasy contemporaneo che ha per protagonista Dani, una ragazza costretta a viaggiare nel passato del fidanzato che l’ha abbandonata alla ricerca di una terribile verità che lo riguarda. È anche e soprattutto un romanzo sul perdono, sul valore dell’amicizia e sulla scoperta di sé.

Nel 2012, pubblichi “Waiting Room” che vince il Premio Internazionale Maria Messina. Cosa ricordi di questa esperienza?

Ho tanti bei ricordi legati a questo romanzo, sia per via della buona esperienza editoriale che l’ha accompagnato sia per via dei viaggi che mi ha permesso di fare, dalla prima presentazione a Torino fino alla premiazione del Maria Messina a Mistretta, Sicilia. È un romanzo a cui sono molto affezionata anche perché racconta la storia - romanzata - di mia nonna, che purtroppo non ha fatto in tempo a leggerlo.

Nel 2016, pubblichi “Isolde non c’è più” che riceve la menzione speciale al Golden Book Awards. Di cosa tratta?

Si tratta di un romanzo breve scritto dal punto di vista di un ragazzino di sedici anni, Golvan, alla scoperta di sé in un mondo fatto di adulti e di realtà che non riesce a capire. A guidarlo nel suo viaggio interiore c’è Isolde, una ragazza di sei anni più grande di lui che diventerà ben presto il suo faro nonché l’amica più sincera che abbia mai avuto. E non solo...

Hai pubblicato anche la serie dedicata a Riverside. Un genere che si discosta dal romance, parlacene.

Sono molto legata a "Riverside", una trilogia paranormal basata sull’esistenza degli universi paralleli. La vicenda inizia quando Amabel, la protagonista venticinquenne, si ritrova improvvisamente in una Riverside che, pur avendo lo stesso nome e lo stesso aspetto della sua città, appartiene a un universo parallelo in cui tutto è diverso e lei è una professoressa di storia in una Grammar School. Ci saranno un mistero da svelare, una persona da proteggere e, last but not least, un amore proibito da combattere o da vivere.

E, nel 2018, esce “I fiori non hanno paura del temporale” edito da HC Italia. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Sicuramente vi troveranno il senso della famiglia e di quei profondi rapporti d’amicizia che talvolta riescono a trascendere addirittura i legami di sangue. Troveranno l’amore per una città, Bologna, e per le proprie radici. Soprattutto, leggeranno quanto il dolore sia necessario per capire se stessi e gli altri, purché ci si ricordi di sorridere anche nel bel mezzo della pioggia e di risollevare sempre il capo, come fanno i fiori all’indomani del temporale. 


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Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?

La tematica principale è data dal rapporto tra sorelle, con tutte le sue sfaccettature. Voglio trasmettere un messaggio di speranza, la possibilità di trovare la gioia anche nel dolore più profondo, purché si tengano strette le persone che si amano, e la famiglia.

Qual è stato l’input per questo libro?

Tutto nasce dall’esigenza di rendere omaggio alle donne della mia famiglia e a una città che amo tantissimo, Bologna. Unendo questi due desideri è nata la storia di Corinna e Serena e della loro famiglia tutta femminile nella Bologna di fine anni Novanta.

Il tuo pensiero sul Self Publishing?

È stata una bellissima esperienza che mi ha permesso di entrare in contatto con tanti lettori e di toccare con mano un prodotto creato interamente da me. Preferisco sempre e comunque l’editoria, ma si tratta di una scelta personale. Il self publishing in sé è qualcosa che è bene provare, se si ha comunque qualcuno che edita il proprio romanzo e che ne cura la grafica. Usare il self in modo inadeguato, pubblicando un prodotto mal rifinito, è senz’altro controproducente.

Se dovessi dare un consiglio spassionato agli emergenti, quale sarebbe?

Di continuare a scrivere, sempre e comunque. Tentare un raccontino ogni tre anni e aspettare la manna dal cielo è inutile. Non bisogna arrendersi, neanche davanti al decimo o ventesimo rifiuto. E bisogna documentarsi, studiare, chiedere consiglio in modo tale da capire come migliorare. Il mio consiglio è: non chiudetevi nella torre d’avorio a piangere su voi stessi. Scrivete, no matter what.

Collabori presso la realtà di Logokrisia. Di cosa si occupa nello specifico?

Logokrisia è un gruppo creato da donne che amano la cultura, la verità profonda dei rapporti umani, la poesia. Scriviamo storie di vita - femminile e non - di uguaglianza, d’amore in ogni sua sfaccettatura, con particolare interesse per le donne e per la loro sicurezza. Ci occupiamo anche di servizi editoriali poiché ognuna di noi è esperta anche in questo settore.

Hai qualche altro progetto in cantiere?

Ce ne sono un bel po’, in effetti. Presto inizierò a lavorare su quello che potrebbe essere il mio prossimo romanzo pubblicato, ovvero una storia ambientata in Alto Adige tra gli anni Settanta e i giorni nostri, con due generazioni di donne a confronto.

È stato un grandissimo piacere ospitarti nel mio blog, in bocca al lupo per tutto!

Grazie di cuore, Linda! Piacere mio! Un caro saluto a te e a tutti i lettori!

Per seguire Bianca      BIANCA RITA CATALDI

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